Lo scandalo Cambridge Analytica che ha travolto Facebook…capire per prevenire

Nel 2015, Alexander Kogan chiede a Facebook l’autorizzazione a scaricare i dati dei profili per “fini accademici”. Purtroppo però i dati così ottenuti non vengono utilizzati per uno studio universitario per il quale erano stati richiesti ma vengono rivenduti a Cambridge Analytica. Tale societa, in base al modello psicometrico di cui è dotata, riesce a targettizzare i messaggi politici e a profilare politicamente gli utenti facebook; e, quando Trump vincerà le elezioni in America, la Cambridge Analytica pubblicamente sottolineerà il suo contributo vincente.

Dalle indagini in corso sembrerebbe che tale società avesse elaborato tali dati anche per un partito Italiano nel 2013 nonché abbia contribuito alla Brexit. Sono in corso dunque ulteriori indagini per fare chiarezza su questa vicenda che svela quanto i social media siano facilmente vulnerabili e presti il fianco ad uso illegittimi e distorti dei dati che da esso possono essere estrapolati.

Dunque è importante avere sempre ben presente la conseguenza delle informazioni sulla nostra vita, sul nostro fare, sul nostro pensare che inseriamo sul web. Postare ad esempio su Facebook una fotografia di una giornata spensierata al mare con amici fa capire alcune cose su di noi anche se non le scriviamo, ad esempio che ci piace il mare, che in quel momento non eravamo a casa, che non stiamo lavorando, che frequentiamo certe persone etc etc.

Come afferma Michael Spence, premio Nobel per l’Economia 2001, “la maggior parte delle innovazioni digitali che hanno ridisegnato l’economia globale negli ultimi 25 anni si basa sulla connettività di rete che ha trasformato commercio, comunicazione, istruzione e formazione, supply chain e molto altro” e “fosse opinione diffusa quella che un Internet aperto sarebbe stato naturalmente al servizio dei migliori interessi degli utenti, comunità, Paesi, economia globale”. Se ciò fosse vero, alla luce anche di questo ultimo scandalo che ha riguardato Facebook, è inevitabile un cambio di rotta.

Però “prima che il mondo adotti soluzioni inefficaci o controproducenti, i responsabili delle politiche dovrebbero riflettere attentamente sul modo migliore per affrontare la regolamentazione. Se non è possibile accordarsi su ogni dettaglio, forse almeno lo è identificare una serie di principi condivisi che possono costituire la base di accordi multilaterali che vietino attività distruttive come l’abuso di dati, contribuendo così a preservare un’economia globale aperta”.

Dal canto suo Facebook sta cercando di porre rimedio alla vulnerabilità del suo sistema cancellando la sezione dedicata alle storie politiche di successo, cioè quelle che grazie all’uso del social network sono riuscite ad emergere ed ottenere risultati elettorali e altri sono in studio.

L’Europa intanto si sta dotando di nuove misure per la privacy e la gestione dei dati personali. Il 25 Maggio 2018 diventerà obbligatorio il regolamento generale sulla protezione dei dati (in inglese GDPR, General Data Protection Regulation- Regolamento UE 2016/679). Si tratta di una serie di misure per proteggere i dati personali degli utenti di servizi web e obbliga tutti i soggetti che raccolgono o detengono dati personali a garantire la sicurezza di questi dati e a comunicare come questi dati saranno usati. Il regolamento si applica a tutti i soggetti che trattano dati dei cittadini europei, anche se questi hanno sede legale fuori dalla UE, e di fatto diventa uno standard per tutto il mondo.

Basterà? Troppo presto per dirlo ma intanto abituiamoci a fare un uso consapevole e responsabile del web e dei social per tutelarsi partendo da noi stessi.

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