L’indicazione di origine e di provenienza degli alimenti è un’informazione sempre più importante per i consumatori, non solo italiani, ma in generale europei.
Ad oggi, la disciplina generale concernente tale informazione è contenuta nel reg. UE n. 1169/2011, che detta disposizioni omogenee per tutti gli Stati membri in tema di etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari.
Tale regolamento prevede, in generale, che per tutti gli alimenti vi sia l’obbligo di indicare in etichetta il paese d’origine o il luogo di provenienza, allorquando la mancata fornitura di tale informazione possa indurre in errore il consumatore.
Che cosa si intende, tuttavia, per paese d’origine e luogo di provenienza? A differenza di quanto possa pensare il consumatore, tali indicazioni non sono molto chiare e non offrono un informazione pienamente trasparente.
Infatti, non vi sono particolari problemi laddove l’alimento sia stato interamente ottenuto in un unico paese/territorio, perché in questo caso esso si considera originario di tale paese/territorio. Cosa ben diversa, invece, è se l’alimento è stato ottenuto in più paesi/territori, perché in questo caso l’origine risulta, invero, decretata dal paese/territorio ove l’alimento abbia ottenuto l’ultima “trasformazione sostanziale”, concetto, quest’ultimo, alquanto labile e opaco.
Sempre in via generale, inoltre, il regolamento prevede che allorquando venga indicato il paese di origine o il luogo di provenienza di un determinato prodotto e questo non sia il medesimo dell’ingrediente primario deve essere indicato anche il paese di origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario oppure il paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario è indicato come diverso da quello dell’alimento.
Vi sono, tuttavia, numerosi alimenti (tralasciando quelli commercializzati come DOP e IGP, che sono regolati dai rigidi disciplinari di produzione) per i quali l’indicazione d’origine e di provenienza è sempre obbligatoria e sottoposta a disposizioni specifiche.
Accanto alle carni, non solo bovine, ma anche suine, ovine, caprine e volatili, tale informazione è obbligatoria anche per alimenti quali il miele, l’olio d’oliva (per il quale vige l’obbligo di indicare non solo il luogo del frantoio, ma anche il luogo di raccolta delle olive, quando diverso), la frutta nonché il pesce.
Forte è l’auspicio che le esigenze di tutela dei consumatori possano progressivamente prevalere sulle esigenze di tutela della libertà di circolazione degli alimenti e, quindi, del mercato, con una progressiva estensione dell’obbligatorietà di tale informazione anche per altri prodotti.
Indiscutibile è l’impegno in tal senso non solo delle associazioni dei consumatori, ma anche delle Istituzioni politiche, in special modo del nostro Paese, nel quale il settore agro-alimentare riveste un ruolo di spicco.
Un esempio incoraggiante, ad esempio, proviene dal settore lattiero caseario. In base al d.m. 9 dicembre 2017 prevede infatti che debba essere indicato in etichetta l’indicazione del “Paese di mungitura” nonché del “Paese di indicazione o di trasformazione”, se le relative operazioni sono state effettuate in più paesi. Se invece sono state eseguite in un unico paese l’etichetta, invece, può recare solo l’indicazione dell’origine del latte.
Ciononostante, non può non segnalarsi, per concludere, come tale provvedimento, nonostante abbia il pregio di garantire più trasparenza che in passato, abbia una pecca, laddove prevede che se il latte proviene da uno o più Stati membri, non è necessario indicare il nome del Paese, ma solo “latte di Paesi UE“, sicché ogni ulteriore informazione più dettagliata di queste è lasciata, sostanzialmente alla libera scelta dell’operatore del settore agro-alimentare e alle peculiari esigenze di commercializzazione.