Dieselgate…e la storia continua: giustizia per i consumatori italiani

Chi non ricorda le vicende legate al Dieselgate, lo scandalo che ha riguardato la scoperta della falsificazione delle emissioni di vetture munite di motore diesel omologate Euro 5, dei marchi Volkswagen, Seat, Skoda e Audi, tutti equipaggiati con il 2.0 TDI EA 189, vendute negli Stati Uniti d’America e in Europa. Era il settembre 2015 e l’EPA (l’Agenzia USA per la protezione dell’ambiente), comunicava che la casa automobilistica Volkswagen aveva illegalmente installato un software di manipolazione progettato per aggirare le normative ambientali sulle produzioni di ossidi di azoto, delle loro miscele e di inquinamento da gasolio. Quello che ne è seguito è stato il richiamo di circa 500.000 vetture negli Stati Uniti dotate del motore diesel incriminato ed un coinvolgimento di circa 11.000.000 di veicoli tra USA ed Europa, le successive dimissioni di amministratori delegati e gli arresti tra manager e dirigenti.
Il crollo delle azioni in borsa ed un accantonamento ad oggi pari a quasi 27 miliardi di dollari per fronteggiare le sanzioni, sono le ripercussioni di una traversia che non si è ancora conclusa.
E’ notizia del 18 giugno l’arresto del ceo dell’Audi (controllata dallo stesso gruppo Volkswagen) Rupert Stadler nella sua casa di Ingolstadt, in Germania. Il manager è indagato nell’ambito del Dieselgate, lo scandalo sui motori diesel e la falsificazione delle emissioni.
Il fermo si è ritenuto necessario per il rischio di occultamento delle prove da parte di Stadler.
Resta in fatto che in Italia coloro che malauguratamente si trovano ad avere un’autovettura Volkswagen “taroccata”, e sono circa 650.000, non hanno ancora trovato giustizia, tranne per il richiamo dell’autovettura per i necessari correttivi tecnici. Il procedimento penale annaspa ed è solo in fase embrionale, incombendo anche su di esso il rischio prescrizione. Anche la class action promossa ha tempi interminabili. Solo l’Antitrust è giusta, ad oggi infatti, ha sanzionato la casa automobilistica per 5 milioni di euro per la manipolazione del sistema di controlo delle emissioni inquinanti.
In America invece la predetta casa automobilistica tedesca è stata obbligata entro il giugno 2019 a richiamare oppure riacquistare i veicoli dotati del cosiddetto “defeat device”, cioè del software che truccava le emissioni di NOx attivando i filtri. In tal modo si troverebbe ad evitare ulteriori sanzioni. In Canada in particolare, pare che Volkswagen abbia accettato di pagare 4000 Euro di risarcimento a ognuno dei 105 mila clienti coinvolti nello scandalo delle emissioni truccate. Sempre Volkswagen verserà inoltre 2,7 miliardi di dollari a favore di un fondo della Environmental protection agency (Epa), l’agenzia federale che si occupa di protezione dell’ambiente, a titolo compensativo per l’impatto ambientale delle auto ‘manipolate’, mentre s’impegna a spendere 2 miliardi di dollari in nuovi progetti per auto più pulite. Il  gruppo VW ha ritirato in tutto il mondo 11.000.000 di auto, di cui 5.000.000 Volskwagen, 2.100.000 Audi, 700.000 Seat, 1.200.000 Skoda, 1.800.000 Furgoni commerciali. Anche la Porche ha dovuto richiamare in tutto il mondo oltre 60.000 modelli tra Cayenne e Macan, poichè dotati di dispositivi illegali forniti dal gruppo VW.
Quando anche in Italia riusciremo ad avere risposte celeri alle richieste di giustizia dei cittadini malauguratamente incappati in pratiche commerciali scorrette? Questo è un caso, ma non possiamo non pensare anche alla vicenda delle banche venete, dove la giustizia arranca inesorabilmente trascinando così preoccupanti situazioni che giorno dopo giorno, si aggravano. Che ci sia urgente bisogno di una seria e radicale riforma della giustizia?
Barbara Venuti

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